Aurelio Galleppini, conosciuto nel mondo del fumetto con lo pseudonimo di Galep, è riconosciuto universalmente come uno dei pilastri del fumetto italiano. Nato nel 1917 nel piccolo borgo di Casale di Pari, da genitori sardi, Galep è il creatore grafico di Tex Willer, uno dei personaggi più iconici della narrativa d’avventura italiana. Il destino sembrava già segnato per il piccolo Aurelio, che mosse i primi passi nel disegno proprio tra le colline e i boschi del suo paese natale, sviluppando presto una passione per l’arte così intensa da condurlo a lasciare gli studi per dedicarvisi a tempo pieno. All’età di nove anni, Galleppini si trasferì con la famiglia in Sardegna, terra d’origine dei suoi genitori. Il talento precoce di Galep trovò la sua prima vera espressione pubblica nel 1936, quando esordì come illustratore per il settimanale Mondo fanciullo. Nel 1940, dopo essersi trasferito a Firenze, Galep divenne collaboratore fisso della rivista L’Avventuroso, un importante periodico dell’epoca, dove ebbe l’opportunità di sperimentare e affinare il suo stile in una vasta gamma di generi e storie.

Durante gli anni difficili della Seconda guerra mondiale, Galleppini mise temporaneamente da parte il fumetto per dedicarsi alla pittura, seguendo un’ispirazione più intimista. Questa parentesi artistica segnò una profonda crescita personale, che avrebbe arricchito il suo tratto e la sua visione nei progetti futuri. Dopo il conflitto, tornò però a dedicarsi ai fumetti, una forma d’arte che sentiva più immediata e vicina alla sua natura. Nel 1947 iniziò a collaborare con la rivista Intrepido della casa editrice Universo, realizzando adattamenti a fumetti di classici della letteratura, tra cui Pinocchio, I promessi sposi e I tre moschettieri.
Il momento di svolta nella carriera di Galep arrivò alla fine degli anni Quaranta, quando si trasferì a Milano. Fu lì che incontrò Tea Bonelli delle Edizioni Audace (oggi Sergio Bonelli Editore), la quale gli affidò l’incarico di disegnare due nuovi personaggi ideati dal celebre scrittore Gianluigi Bonelli: Occhio Cupo e Tex Willer. Sebbene Occhio Cupo, un eroe dall’impronta più cupa e drammatica, ricevesse una buona accoglienza, fu Tex Willer a consacrare Galleppini come una leggenda del fumetto.

La prima apparizione di Tex risale al 1948 con la striscia Il totem misterioso – poi ristampata nel 1958 in La mano rossa, primo albo nell’iconico formato “bonellide” a 96 pagine della serie storica ancora oggi in produzione – che introdusse il pubblico italiano a un’inedita visione del Far West, un luogo dove il coraggio, la lealtà e la giustizia si intrecciano a storie ricche di avventura e mistero.
La prima battuta di Tex – «Per tutti i diavoli, che mi siano ancora alle costole?» – rappresenta un incipit memorabile che catturò immediatamente l’attenzione dei lettori. Tex è raffigurato in piedi, fiero, con la pistola appena estratta, in una scena che già definiva il suo carattere: un uomo indomabile, capace di affrontare ogni avversità con astuzia e determinazione. Il volto del personaggio fu modellato da Galep principalmente ispirandosi all’attore americano Gary Cooper, benché in parte il disegnatore abbia tratto elementi anche dalle sue stesse fattezze.

Galep lavorò come disegnatore principale di Tex fino al 1977, anno in cui decise di concentrarsi esclusivamente sulle copertine della serie, un’attività che portò avanti con dedizione fino alla sua morte nel 1994.
Le ambientazioni di Tex furono influenzate non solo dai classici scenari western mutuati dal cinema, ma anche dai luoghi dell’infanzia di Galep, come la Sardegna, il Trentino (dove trascorreva le vacanze) e la Maremma toscana. Quest’ultima, con la sua lunga tradizione equestre, ha lasciato un segno particolare nell’immaginario del fumettista. È facile immaginare come i butteri maremmani, con il loro abbigliamento tradizionale e il rapporto quasi simbiotico con i loro cavalli, siano stati un modello naturale per le figure dei cowboy che popolano le pagine del celebre fumetto. I cavalli in particolare, che Galep amava disegnare fin da bambino, rappresentano un elemento iconico sia della Maremma che del West: emblemi di libertà, forza e avventura. Questa passione si riflette nei numerosi cavalli che popolano le avventure di Tex, figure che incarnano lo spirito libero e selvaggio del West, ma che affondano le radici nei paesaggi e nelle tradizioni italiane.
La Maremma, con le sue vaste distese erbose, le sue mandrie al pascolo e l’atmosfera austera, sembra aver contribuito a creare quella dimensione narrativa peculiare che caratterizza le avventure di Tex. Non solo un luogo immaginario dove cowboy e indiani si scontrano, ma anche uno spazio letterario che accoglie mostri, stregoni, come Mefisto, e creature soprannaturali, portando il Far West oltre i confini del reale e nell’ambito del mito.

La semplicità e la durezza della vita in Maremma, le storie di butteri e briganti e quella sorta di mitologia rurale che permeava il luogo trovarono un parallelo nel West di Tex, un luogo altrettanto rude e primordiale, dove l’essenza dell’uomo si scontrava con le forze incontrollabili del destino e della natura. Nella Maremma aspra, tra paesaggi evocativi e selvaggi, Galep trovava ispirazione per rappresentare luoghi e ambienti dove il protagonista e i suoi inseparabili pards – Kit Carson, Kit Willer e Tiger Jack – vivevano avventure intrise di azione, giustizia e mistero. Non sorprende che nelle prime strisce di Tex si colga una familiarità con le atmosfere di questa regione italiana: il contrasto tra il selvaggio e il civilizzato, la bellezza naturale che si mescola a un certo senso di pericolo e di mistero, riflettono elementi cari a Galep e tipici della Maremma.
Anche le colline toscane, con i loro morbidi declivi e le loro borgate storiche, sembrano aver influenzato le rappresentazioni visive del mondo di Tex. Sebbene Tex Willer sia ambientato in un Texas immaginario e trasfigurato dalla fantasia, le illustrazioni di Galep spesso trasmettono una sensibilità più vicina ai paesaggi mediterranei che ai classici panorami americani. Questo connubio tra tradizione locale e narrativa d’avventura contribuisce a rendere il personaggio unico nel panorama del fumetto internazionale.
Si evidenzia, infine, come, nonostante il suo forte legame con la Sardegna, e benché egli stesso si sia ritenuto sardo più che toscano, dai numerosi acquarelli che Galep dedicò al borgo e ai suoi dintorni emerga un ricordo vivido di Casale di Pari, il borgo toscano dove nacque e dove trascorse i primi anni della sua infanzia. Questa terra, circondata da colline verdeggianti, fitte foreste di querce, sughere e castagni, nonché da antiche mura di pietra, costituì per l’artista un paesaggio archetipico, quasi mitico, che riaffiora negli acquarelli stessi.