Alberto Manzi nasce a Roma il 3 novembre del 1924. Il padre, Ettore, fa il tranviere, mentre la mamma è una casalinga di origini abruzzesi. Nel 1942, diciottenne, ottiene con buoni voti ben due diplomi di maturità insieme: quello dell’Istituto Magistrale e quello dell’Istituto Nautico. Si iscrive alla Facoltà di Scienze Naturali dell’Università la Sapienza di Roma. L’anno successivo si arruola come ufficiale nei sommergibili operanti nelle acque territoriali italiane. Dopo l’8 settembre, antifascista, entra nell’VIII armata inglese. Tre anni dopo sceglie di dedicarsi all’attività di maestro elementare presso un Istituto di Rieducazione e Pena, l’Aristide Gabelli di Roma, dove si darà da fare per creare il primo giornale degli istituti di pena italiani, La Tradotta. Nello stesso anno, si laurea in Biologia e si iscrive, non contento, alla Facoltà di Magistero.

Nel 1948 scrive un romanzo per ragazzi, Grogh, storia di un castoro, incentrata su una coraggiosa comunità di roditori: vince il Premio Collodi ed esce poco dopo per Bompiani. Il libro viene tradotto in 28 lingue e radiotrasmesso dalla RAI nel 1953. In questi anni ottiene anche una laurea in Pedagogia e Filosofia, e una specializzazione in Psicologia, che lo porta a dirigere la Scuola Sperimentale della Facoltà di Magistero della Sapienza. A metà degli anni ‘50, inquieto, Manzi abbandona però lo carriera accademica per fare il maestro alla scuola elementare F.lli Bandiera di Roma. L’università di Ginevra gli conferisce una borsa di studio per recarsi in Sud America, nella zona orientale della Foresta Amazzonica, per studiare l’immaginario e i problemi delle locali culture native.

Dopo quella prima esperienza, Manzi si reca poi in Amazzonia ogni anno, per seguire le popolazioni locali, ed organizzare attività di scolarizzazione. È un programma che ben presto diventa di seguito internazionale. Scrive un romanzo il cui protagonista è un bimbo bianco abbandonato tra i Bantù di etnia Swazi, in sud Africa. Il romanzo, intitolato Orzowei (‘trovatello’ in swazi) diviene poi anche una fortunatissima serie televisiva RAI per bambini. La trama mette in evidenza l’impegno sociale di Manzi. Isa, un bambino bianco abbandonato nella foresta del Sud Africa, viene trovato ed allevato come un figlio da un vecchio grande guerriero e da una ancor più anziana nutrice, ambedue appartenenti ad una tribù di Bantu di etnia Swazi. A causa della sua pelle chiara, Isa non viene accettato nel villaggio, pur avendo superato la drammatica prova dell’iniziazione. Per schernirlo lo chiamano, addirittura, Orzowei, il “trovato”. Particolarmente ostile è Mesei, il figlio del capo del villaggio, che, alla fine della storia, il ragazzo, divenuto adulto, sconfiggerà. In seguito, quando conoscerà i bianchi, si renderà conto che questi lo trattano peggio di quanto avessero fatto i neri. Isa tornerà infine alla vita del villaggio e combatterà, suo malgrado, una guerra, anche contro la tribù, in cui era cresciuto.

Nel ’60 Manzi crea anche un programma tv dal titolo Non e mai troppo tardi. Il programma presenta lezioni della scuola primaria che l’attivissimo maestro porge con grazia e gentilezza a studenti di ogni fascia sociale e di ogni età. La trasmissione è cosi amata che va in onda per otto anni consecutivi, fino al 1968, permettendo ad almeno un milione e mezzo di analfabeti italiani di conseguire la licenza elementare.
Nel 1986, infine, l’anziano maestro decide di trasferirsi con la moglie Sonia a Pitigliano, in Maremma, paese in cui già da tempo passava i momenti liberi.
Nel 1994 Alberto Manzi accetta di candidarsi e viene eletto sindaco di Pitigliano, in provincia di Grosseto. Completa il suo percorso etico e civile con l’impegno sociale che lo ha sempre caratterizzato, accanto a quello educativo: nel carcere e nelle aule scolastiche, alla radio e alla televisione, e alla produzione letteraria.

Nemmeno l’impegno quotidiano da primo cittadino blocca la sua capacità e la voglia di analizzare e di progettare, sia per il territorio di Pitigliano, sia per la scuola e i bambini. Tra le sue carte da sindaco si trova l’illustrazione del Progetto Azil per un museo all’aperto, che, sulla base del patrimonio archeologico etrusco e di quello ebraico di Pitigliano, favorisse lo sviluppo turistico del territorio, ma anche la riscoperta del passato, della relazione tra storia, uomo e ambiente. Un progetto che sarà realizzato, che porta il suo nome ed è oggi visitabile. C’è purtroppo anche un progetto che Manzi non farà in tempo a realizzare: La Città dei bambini. Il nostro sarà sindaco di Pitigliano fino al dicembre del 1997, quando ci lascerà, a 73 anni, nella sua casa, in paese.