Carlo
Cassola

Grosseto

Carlo Cassola nasce a Roma il 17 marzo del 1917, ultimo di cinque figli. Il padre, il giornalista e traduttore parmense Garzia Cassola, socialista, aveva già vissuto alcuni anni a Grosseto. Anche la madre, Maria Camilla Bianchi, è di origine toscana, della cittadina di Volterra, che sarà poi molto importante per Carlo. Cassola dirà sempre che la sua non era stata una infanzia felice, al contrario, e che, fin da molto piccolo, lo avevano colpito molto profondamente i racconti fantastici ed avventurosi che il padre gli faceva di Grosseto e della Maremma Toscana.

L’adolescenza del giovane scrittore è molto solitaria, e dedicata in gran parte alle letture. È iscritto al liceo classico Umberto I di Roma. Dopo il diploma, si iscrive nel 1935 alla facoltà di Legge dell’Università La Sapienza. Nei primi anni universitari, darà vita ad un gruppo di giovani antifascisti, con Manlio Cancogni, Mario Alicata, Bruno Zevi ed altri. Nel 1939 si laurea, con una tesi in Diritto Civile. Collabora con vari testi e brevi racconti a numerose riviste, come Corrente, Il Frontespizio, Letteratura. Si trasferisce per insegnare a Volterra, che è anche il paese della fidanzata e futura moglie Rosa. È questa anche la zona in cui pateciperà attivamente alla Resistenza, nelle brigate garibaldine, con il nome di battaglia di Giacomo.

Dopo la Liberazione, si iscrive al Partito d’Azione e ad Unità popolare, poi entra nelle redazioni de La Nazione del popolo, del Giornale del mattino, de L’Italia socialista.

Poi viene a Grosseto. Lo scrittore ricorderà più volte che la piccola città toscana lo aiutò a superare la grande crisi del 1949, legata in gran parte alla morte della moglie, appena trentenne, per un attacco renale. Crisi che porterà Cassola anche alla scrittura de Il taglio del bosco, pubblicato nel 1950.

Lo stesso Cassola racconta l’origine e lo sviluppo di quel testo: “Lo iniziai alla fine del ’48. Era concepito come una vicenda puramente esistenziale, la vicenda, appunto, di un taglio di bosco. Cinque boscaioli vanno a tagliare un bosco; durante alcuni mesi fanno ogni giorno lo stesso lavoro, ripetono gli stessi discorsi, ecc. Ecco un magnifico tema per una narrazione negativa: mi permetteva infatti di raccontare qualcosa e, nello stesso tempo, di non raccontare nulla. Nulla, intendo dire, che avesse un significato particolare. Il solo significato che avrebbe potuto avere una vicenda del genere era puramente esistenziale. Ne avevo scritto una metà, quando un avvenimento che sconvolse la mia vita mise in crisi anche la mia letteratura. Presi in odio il mio passato, la mia educazione estetica, tutto quello che avevo scritto fino ad allora; trovai mostruosa una poetica che isolava l’emozione esistenziale facendone l’unico oggetto dell’espressione letteraria. Così, quando alcuni mesi dopo ripresi a scrivere Il taglio del bosco, conservai la vicenda esistenziale del taglio, ma ne feci il semplice sfondo di un sentimento particolare, il dolore del protagonista per la morte della moglie. L’esistenza dei compagni, quest’esistenza fatta di nulla, di gesti quotidiani, di discorsi quotidiani, è per Guglielmo lo specchio della sua condizione precedente, lo specchio della sua felicità perduta”.

2WM11HX 3825414 Carlo Cassola in his home (1979); (add.info.: Marina di Castagneto (Livorno), 1979. Italian writer Carlo Cassola outside his home / Marina di Castagneto (Livorno), 1979. Lo scrittore Carlo Cassola all’esterno della sua casa); © Marcello Mencarini. All rights reserved 2024.

È quasi un diario minimo intessuto di bocconi di fatica, arricchito dalle sequenze quotidiane dei cibi cucinati, dai panni lavati da soli; con l’unica distrazione del fumare nei momenti di riposo, giocare a carte o litigare o chiudersi in lunghi silenzi durante le veglie invernali; mentre il ciclo inesorabile delle stagioni porta vento, gelo e nebbia.

La scelta di venire a Grosseto fu dovuta forse ai ricordi maremmani di suo padre e certamente alle nozze con Beppina Rabagli, da cui ebbe la figlia Barbara. Lo scrittore insegnò al Liceo Scientifico G. Marconi Storia e Filosofia fino al 1971.

Nel capoluogo maremmano, inoltre, Cassola scriverà alcuni dei suoi libri più importanti, come Fausto e Anna (1952), e La ragazza di Bube (1960). A Grosseto si possono ancora incontrare dei suoi allievi che ricordano bene come spesso lo scrittore leggesse e discutesse nelle sue classi le pagine narrative appena scritte.

Negli ultimi anni, Cassola si impegnò molto per la pace. Ricordiamo la fondazione della Lega per il disarmo unilaterale dell’Italia, l’impegno e la passione infuse in questa battaglia, ma anche le difficoltà e l’ostracismo intellettuale e politico di cui Cassola fu circondato proprio a causa di questo suo importante impegno per la pace.

Lo scrittore morirà poi a Montecarlo di Lucca il 26 gennaio 1987.

Scrive Cassola:

“Direi che la Maremma è una terra senza carattere. Qui il peso della sto-ria è meno forte che nel resto della Toscana. Ci si imbatte più di rado in un monumento che abbia un valore artistico o sia comunque una testimonianza del passato. Grosseto è straripata fuori delle mura medicee: ma ha sempre l’aspetto di un paese (di un grosso consorzio agrario, mi disse una volta Gadda).

Molti si meravigliavano di vedermi finito a Grosseto (ci ho abitato per una ventina d’anni). Se ne meravigliavano doppiamente: perché è un piccolo centro e perché è la più anonima tra le cittadine toscane. Io l’avevo scelta proprio per questo, perché era la più anonima. La bellezza, non mi piaceva trovarla dove la trovano tutti, ma dove non la trova nessuno. Diciamo pure che la mettevo da me in tutti i luoghi dove il caso mi aveva fatto vivere.”